Per viaggiare non necessariamente c’è bisogno di un corpo, ma si può far ricorso anche allo spirito. Si possono visitare milioni di posti senza in realtà vederne realmente nemmeno uno, come si può leggere una frase per essere catapultati in un mondo di colori, odori e profumi. Ed ecco che qui entrano in gioco i libri! Un libro permette al “viaggiatore” di partire senza mai uscire di casa, quante volte abbiamo volato con la mente verso luoghi incredibili, magari percependo il freddo di un ghiacciaio o il caldo torrido del deserto. Questo perché, i libri sono magici possono condurci lontano per farci vivere esperienze diverse e sempre nuove. Leggere libri, ha la capacità di farci sognare, cosa ancora più bella, però, sarà scegliere la prossima destinazione dei nostri viaggi, dopo la lettura di un libro. “Il giro del mondo con i libri” è un laboratorio di lettura dedicato alla scoperta o riscoperta di grandi opere della letteratura mondiale. Sabina Izzo in collaborazione con l’Archivio Fotografia Mediterranea di Torchiara conduce un percorso che abbraccia la letteratura americana, sudamericana, asiatica passando per l’Africa e per molti altri luoghi e storie. Serate di confronto, approfondimento, lettura e condivisione. Un percorso dedicato a chi ama le storie e a chi le scrive. Tra gli obiettivi quello di scoprire storie e stili guardando lontano, a Paesi e opere che si reggono su sensibilità e creatività diverse da quella europea/occidentale.

«Sacheri si immerge nelle profondità della condizione umana. Un romanzo luminoso e potente. EL CULTURAL» EL CULTURAL «Questo romanzo tocca con grande talento narrativo una corda sensibile nell’immaginario collettivo argentino: i movimenti armati di sinistra. Davvero notevole.» THE OBJECTIVE «Eduardo Sacheri riesce come pochi a dare alle storie che racconta una proiezione universale. Storie di gente comune, dove il quotidiano diventa epico.» Juan Jose Campanella, regista premio Oscar di Il segreto dei suoi occhi. » Juan Jose Campanella, regista premio Oscar di Il segreto dei suoi occhi Siamo nell’Argentina del 1975, l’anno cruciale che precede il golpe di Videla e che fa seguito alla morte di Perón. La guerriglia contro il governo è nel pieno del suo fervore, e a combatterla sono formazioni tra loro antagoniste, come l’ERP di ispirazione trotzkista e i peronisti di sinistra detti Montoneros. Alejandro e il Cabezón sono amici di infanzia, cresciuti insieme nella periferia di Buenos Aires, e con l’idealismo e la confusione dei loro vent’anni hanno deciso di unirsi alla lotta armata, ritrovandosi però dalle due parti opposte della rivoluzione. Non rinunciano comunque alla loro amicizia, fatta di incontri clandestini sul tetto che separa le loro case, e di lunghe chiacchierate tra birre e sigarette, in cui passano il tempo a sfottersi per le rispettive scelte, a mettere in dubbio le proprie e altrui ragioni, a formulare speranze e a scacciare le delusioni o i pericoli che si profilano all’orizzonte. Intanto passano i mesi, e ciascuna delle due cellule sta preparando un’azione violenta, che dovrà essere esemplare, clamorosa, e magari consentire a chi vi partecipa la sospirata promozione nella gerarchia militare. E le vittime? Chi sono, come verranno scelte? Meritano di diventare bersaglio della giustizia rivoluzionaria o sono semplicemente un obiettivo a portata di mano? Eduardo Sacheri riesce a raccontare con umanità toccante la vita quotidiana dei militanti con le loro famiglie normali nelle quali si scava un solco di incomunicabilità sempre più profondo tra genitori e figli, e delle vittime spesso ignare anche della colpa che sarebbero chiamate a espiare. Ne scaturisce un racconto universale e di straziante attualità sugli effetti dell’ideologia che sfocia nella violenza politica.

Delle molte leggende alla cui nascita Bolano stesso ha contribuito, l’ultima riguarda la forma che “2666” avrebbe dovuto assumere. Si dice infatti che l’autore desiderasse vedere i cinque romanzi che lo compongono pubblicati separatamente, e se possibile letti nell’ordine preferito da ciascuno. La disposizione, ammesso che sia autentica, era in realtà un avviso per la navigazione in questo romanzo-mondo, che contiene di tutto: un’idea di letteratura per la quale molti sono disposti a vivere e a morire, l’opera al nero di uno scrittore fantasma che sembra celare il segreto del Male, e il Male stesso, nell’infinita catena di omicidi che trasforma la terra di nessuno fra gli Stati Uniti e il Messico nell’universo della nostra desolazione. Tutte queste schegge, e infinite altre, si possono in effetti raccogliere entrando in “2666” da un ingresso qualsiasi; ma fin dall’inizio il libro era fatto per diventare quello che oggi il lettore italiano ha modo di conoscere: un immenso corpo romanzesco oscuro e abbacinante, da percorrere seguendo una sola, ipnotica illusione – quella di trovare il punto nascosto in cui finiscono, e cominciano, tutte le storie.

“Vita a spirale” è un romanzo sorprendente, un on the road africano che ci apre ai misteri delle vite, dei sogni, dei divertimenti, del gergo dei giovani africani di oggi. La corruzione e l’assurdità del continente nero sono ampiamente descritte, ma il tono ironico e leggero contrasta con la cupezza con cui i media ci parlano dell’Africa. Ndione non nasconde la povertà, l’ingiustizia, la mancanza di orizzonti cui sono condannate queste giovani esistenze, ma porta alla ribalta con umorismo straordinario anche la gioia di vivere, di stare con gli amici, di sognare e la via maestra per raggiungere questi scopi: la canapa o marijuana o erba, che dir si voglia.

Un ragazzo di quindici anni, maturo e determinato come un adulto, e un vecchio con l’ingenuità e il candore di un bambino, si allontanano dallo stesso quartiere di Tokyo diretti allo stesso luogo, Takamatsu, nel Sud del Giappone. Il ragazzo, che ha scelto come pseudonimo Kafka, è in fuga dal padre, uno scultore geniale e satanico, e dalla sua profezia, che riecheggia quella di Edipo. Il vecchio, Nakata, fugge invece dalla scena di un delitto sconvolgente nel quale è stato coinvolto contro la sua volontà. Abbandonata la sua vita tranquilla e fantastica, fatta di piccole abitudini quotidiane e rallegrata da animate conversazioni con i gatti, dei quali parla e capisce la lingua, parte per il Sud. Nel corso del viaggio, Nakata scopre di essere chiamato a svolgere un compito, anche a prezzo della propria vita. Seguendo percorsi paralleli, che non tarderanno a sovrapporsi, il vecchio e il ragazzo avanzano nella nebbia dell’incomprensibile schivando numerosi ostacoli, ognuno proteso verso un obiettivo che ignora ma che rappresenterà il compimento del proprio destino. Diversi personaggi affiancano i due protagonisti: Hoshino, un giovane camionista di irresistibile simpatia; l’affascinante signora Saeki, ferma nel ricordo di un passato lontano; Òshima, l’androgino custode di una biblioteca; una splendida prostituta che fa sesso citando Hegel; e poi i gatti, che sovente rubano la scena agli umani. E infine Kafka. “Uno spirito solitario che vaga lungo la riva dell’assurdo”.

Tra colpi di scena, inseguimenti nei sotterranei, scontri a fuoco con delinquenti e assassini di varia estrazione, Alex Beer tinteggia in modo estremamente documentato e avvincente la vita nella società viennese del primo dopoguerra.

«Una trama snella, veloce, con infiniti colpi di scena e un protagonista non stereotipo, un uomo animato dal senso di giustizia che riassume in sé la precarietà e la pena di quegli anni.» – Luigi Forte, Tuttolibri – La Stampa

«La coppia Emmerich-Winter funziona alla perfezione e si presta benissimo al trattamento seriale; anche la trama è condotta con sicurezza, in ossequio ai moduli collaudati del genere poliziesco» – Ranieri Polese, La Lettura

Nella Vienna del 1919, uscita distrutta dalla Prima guerra mondiale e ridimensionata nei suoi fasti imperiali, un reduce viene trovato morto in un bosco alla periferia della città. Per una pura coincidenza, indagando su alcune attività di contrabbando, l’ispettore August Emmerich si trova a lavorare al caso che pur sembrando un assassinio camuffato maldestramente viene archiviato come suicidio. Emmerich è molto impressionato dalla vicenda poiché è lui stesso un reduce e una scheggia di granata in una gamba gli causa dei dolori insopportabili che lo hanno reso dipendente dall’eroina. Lo aiuta nell’indagine Winter, giovane membro di una famiglia aristocratica decimata dall’influenza spagnola, che vive con la nostalgica e autoritaria nonna. L’indagine prende corpo tra caffè frequentati da prostitute e ricchi borsaneristi, strade piene di sopravvissuti che chiedono l’elemosina e scontri tra militanti comunisti e polizia. Emmerich, con i suoi metodi non ortodossi e qualche bicchiere di troppo, corre sempre più rischi mentre si avvicina alla verità sulla serie di omicidi che stanno sconvolgendo la città. Tutto sembra essere collegato alle atrocità compiute sul fronte orientale durante la guerra ma i responsabili hanno ancora un ruolo importante nella società austriaca e, solo con l’aiuto del boss della borsa nera Kolja, Emmerich riuscirà a uscire vivo da una situazione disperata.

Libro vincitore del Premio Inge Feltrinelli 2023, categoria Diritti in costruzione.

Agli occhi della piccola Tutu – cinque anni – la guerra civile in Liberia appare come una favola. Per tre settimane la bambina fugge e si nasconde dai ribelli (i draghi), assieme alla nonna, due sorelle e il padre (il “Gigante” che la protegge). I cadaveri lungo la strada sono persone “che dormono”, le fa credere il padre aiutandola così a superare l’orrore. Le donne del titolo sono la mamma e una giovane miliziana ribelle, che faranno l’impossibile per cercare di salvare Tutu e la sua famiglia. Così un’atroce storia di guerra si trasforma in una favola dove convivono mostri ed eroi, cattivi e fate buone.

«La storia commovente di una bambina che inizia una nuova vita negli Stati Uniti, e la narrazione della nostalgia e della perdita di un intero popolo.» – Michela Marzano, Robinson – la Repubblica

«I draghi, il gigante, le donne è il racconto di una storia che ha bisogno di prendersi lo spazio per mettersi in ordine. È la crescita di una bambina che diventa donna. È realismo magico, realismo mimetico, memoir. È fuga e ritorno.» – Rebecca Ramacciotti per Maremosso

La piccola Tutu sente uscire dalle nuvole la voce della mamma assente da anni, pensa che sia una di quelle voci delle persone morte che – le ha spiegato la nonna – vivono nelle nuvole e da lì ci parlano. In realtà la mamma non è morta. Vive e studia a New York con una borsa alla Columbia University. Ogni domenica telefona e le manda le videocassette di Tutti insieme appassionatamente e Il mago di Oz, dove la bambina vede per la prima volta delle persone bianche. «Perché sono così?» chiede al padre, «sembrano malati». Un giorno però scoppia la guerra civile e Wayétu è costretta a fuggire con la famiglia e a nascondersi nei boschi. Le strade sono coperte di cadaveri. «Cosa fanno per terra?» chiede la bambina. «Dormono» risponde il padre, che lei immagina come un Gigante buono, capace di difenderli da ogni violenza. Soprattutto dai “Draghi”, che sono in realtà i ribelli che li inseguono per ucciderli. La fuga attraverso la guerra feroce, il pericoloso tentativo di attraversare la frontiera con l’aiuto della madre e di una giovane ribelle, l’arrivo negli Stati Uniti, l’esperienza difficile dell’integrazione in Texas sono narrati come una fiaba che aiuta il lettore a superare l’orrore e a disegnare un senso, e quindi una speranza, nel mezzo dell’assurdo.

Dopo la strepitosa passeggiata nei boschi degli Appalachi, Bill Bryson è partito per l’Australia: l’isola più estesa del mondo e che è anche un continente, l’unico continente che è anche una nazione, l’unica nazione che è nata come una prigione. Armato di tanto tempo, del suo immancabile diario di viaggio e di inesauribile ironia e curiosità, Bryson ha attraversato in treno l’interno desertico, ha guidato nelle città e lungo le strade costiere, ha camminato e navigato, e si è fermato a parlare più o meno con tutti quelli che ha incontrato. Ayers Rock e la Grande barriera corallina, il bush e la spinifex, i serpenti velenosi e i canguri, Sydney e Canberra, gli aborigeni, i vecchi hippy e i surfisti in cerca della grande onda… il “catalogo australiano”, insomma, è completo, e non poche saranno anche le sorprese. Tutto raccontato con la partecipazione emotiva, l’allegria stilistica e l’umorismo che hanno fatto di Bryson lo scrittore di viaggi più letto, e divertente, al mondo.

Il direttore della polizia dell’Attica, il nostro amato Kostas Charitos, e la sua sostituta a capo della squadra omicidi, Antigone Ferleki, si trovano a dover affrontare una nuova, spinosa, indagine. Un professore universitario, che si era attirato molte antipatie da parte di allievi e colleghi, è stato ucciso nel suo ufficio durante una manifestazione studentesca sfociata in scontri con la polizia. Mentre le prime ricerche si concentrano sugli studenti della vittima e sulle persone a lui più vicine, un secondo omicidio scombina le carte in tavola agli inquirenti, aprendo diverse, inaspettate, prospettive. Ma, purtroppo, non è finita qui e l’atroce scia di delitti continua ad allungarsi mettendo a dura prova l’intelligenza e le capacità degli investigatori. In questo scenario complicato, per Kostas e Antigone non ci sono solo i colpevoli da trovare, ma anche le pressioni del governo e dei superiori da affrontare. Nel frattempo la vita ad Atene scorre frenetica, tra traffico, speranze di ripresa economica, di salvifici investimenti stranieri e con un’intera generazione, quella dei più giovani, che deve fare i conti, molto più che in passato, con la paura e la possibilità del fallimento. Petros Markaris firma un altro romanzo sorprendente in cui Kostas Charitos, i suoi colleghi e la sua famiglia allargata tornano protagonisti di un giallo intricato e complesso. Un caso dove il confine tra colpevoli e vittime è più labile di quello che si può pensare, in una società ultracompetitiva come quella moderna, mentre la Grecia cambia e rischia di lasciare indietro i più giovani e i più deboli.

Il primo libro lettone del catalogo Iperborea. Un classico moderno, un romanzo originale, pieno di humour e fantasia sulla storia della Lettonia.

In un antico maniero nei dintorni di Riga vive una famiglia del tutto speciale: il figlio di un’artista circense giramondo e il suo fratellastro giapponese, l’eccentrico nonno che con marsina e cappello a cilindro gestisce un noleggio di carrozze, un misterioso Aviatore e la malinconica Baronessa proprietaria della tenuta, discendente di una casata tedesca del Baltico. È seguendo i destini individuali e fatalmente intrecciati di questa bizzarra comunità che ci ritroviamo immersi nella tumultuosa storia della Lettonia, tra l’alternarsi delle dominazioni nazista e sovietica, la tragica sorte degli ebrei, e il tormentato costruirsi di una nazione che è sempre stata un crocevia di popoli, lingue e culture. Una saga famigliare attraverso le ferite del XX secolo a cui fa da perfetto controcanto l’avventura calviniana di Waltraute von Brüggen, nobildonna tedesca del Settecento che dopo aver perso il marito in guerra ne ritrova solo la metà di sotto, cucita alla parte superiore di un seducente soldato lettone. Richiamandosi l’un l’altra, le due storie si alternano e procedono parallelamente in un incalzante gioco affabulatorio, dando voce a un racconto d’amore, di perdita e desiderio, e a una memorabile allegoria intorno al signifcato di identità. Capolavoro di uno dei maggiori scrittori baltici del nostro tempo, questo romanzo ha il fascino di un realismo magico in versione lettone, capace di sorprendere, far ridere e riflettere, e di comporre in un domino letterario le tessere sparse della Storia europea.

Vincitore del Mistery Writers of Japan Award. Votato come miglior romanzo giallo giapponese. Nomination per il Naoki Prize. Nomination per il Booksellers Award. Nella selezione ufficiale di “Books for Japan”

«Mescolando la saga familiare con la storia, l’allegoria e un pizzico di realismo magico, Sakuraba aspira a trasporre Cent’anni di solitudine nella campagna giapponese» – Internazionale

«Per capire una volta di più che il cuore pulsante della storia del mondo è femmina» – D di Repubblica

Appassionante saga familiare che narra di tre generazioni di donne nel dopoguerra giapponese

Manyo, un’orfana nata con l’abilità di profetizzare come una novella Cassandra, viene adottata dalla ricca e potente famiglia Akakuchiba e ne sposa in seguito l’erede. Nel corso della sua vita avventurosa non rivelerà mai le sue predizioni sul futuro, inclusa quella della prematura morte del suo primo figlio. La figlia di Manyo, Kemari, trascorre la sua giovinezza ribelle insieme a una gang di motociclisti, sempre in sella, per diventare un’artista comica amata da tutto il Giappone e la nipote, Toko, si sente un'”inutile” giovane donna, ma si impegna a risolvere il mistero delle ultime parole pronunciate da Manyo in punto di morte: “Sono un’assassina”. Nel cinquantennio di drastici cambiamenti che ha coinvolto il Giappone a partire dal dopoguerra e attraverso la Guerra Fredda, dalla fase della bolla economica fino al Ventunesimo secolo, il destino degli Akakuchiba ha alti e bassi, e così anche quello delle donne della famiglia.

“La donna abitata” è il romanzo della rivoluzione sandinista, scritto in un crescendo di suspense dalla più nota scrittrice del Nicaragua. È la storia di due donne, vissute in epoche diverse, la prima un’india che combatte contro i conquistadores e la seconda una donna moderna, che vive sotto una feroce dittatura centroamericana. Le loro vite s’incontrano magicamente nell’amore e nella guerriglia. “La donna abitata” è stato tradotto e pubblicato con successo in tutto il mondo.

Se on the road ci finisci perché un feroce trafficante di droga ti sta dando la caccia e tu non stai cercando “l’assoluto” ma solo la pelle salva e un po’ d’umanità per scaldarti il cuore, se il tuo sense of humour ti consente, mentre dormi all’addiaccio e rimugini sugli errori commessi, di raccontare un’America balorda e grandiosa al tempo stesso, allora sei Peter Kaldheim e hai scritto questo bellissimo libro.

«Il vento idiota è un memoir irresistibile. La scrittura di Kaldheim raccoglie il lascito di Orwell, Kerouac e Fred Exley». – Jay McInerney

«Avevo trentasette anni, ero disoccupato e senza il becco di un quattrino. Come se non bastasse, non avevo una casa – se si esclude l’armadietto a pagamento alla Penn Station nel quale tenevo vestiti e articoli da bagno. In breve, la mia vita era diventata qualcosa di cui era impossibile vantarsi, alla quale si poteva soltanto sopravvivere, e la colpa era soltanto mia e dei miei complici: alcol, cocaina e una vena radicata di quella che il mio vecchio professore di filosofia greca avrebbe definito akrasia – una debolezza della volontà che porta ad agire andando contro ogni buonsenso. Se il greco non fa per voi, datele il nome che le ha dato Bob Dylan: Idiot Wind, vento idiota. Era così che mi ero rassegnato a chiamarlo io, e da quasi dodici anni quel vento infuriava nella mia vita facendola a pezzi. L’avevo visto portarmi via tutto ciò che avrebbe dovuto contare qualcosa. Il mio matrimonio. La mia carriera. Il rispetto dei miei genitori e dei miei amici. Persino un posto dove dormire la notte. Tutto spazzato via. Sparito assieme al vento idiota».Trent’anni dopo Jack Kerouac, l’autore di questo divertentissimo (ma assai tosto) memoir ne segue le tracce, spostandosi in autostop e dormendo in alloggi di fortuna, rifugi per senzatetto e sotto i cavalcavia. Lungo la strada incontra un’umanità derelitta fatta di tossici e barboni, hippie e reduci del Vietnam e anime perse capaci di inaspettato altruismo. Ci lascia così un quadro di un’America che non finisce mai di stupirci.

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Associazione Cilento Domani Arte e Cultura Mediterranea APS
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